sabato, novembre 22, 2003

Senza figli non c'è futuro. Se i figli sono pochi, in una società di adulti e anziani, il futuro svanisce. A chi consegniamo ciò che siamo, ciò che a loro volta ci hanno consegnato i nostri genitori? È vero anche il contrario: senza futuro non ci sono figli. Quando l'orizzonte si fa incerto o rischioso, si avverte sempre meno il desiderio di donare la vita, il coraggio di generare dei figli.
Alla «crisi delle nascite, al declino demografico e all'invecchiamento della popolazione» si riferiva anche il Santo Padre nel suo discorso al parlamento italiano del 14 novembre 2002, invitando «a un impegno responsabile e convergente, per favorire una netta inversione di tendenza». Per riuscirci, occorre aver presenti le cause della crisi, che sono più d'una e di varia natura. Il Papa parlava di «problemi umani, sociali ed economici», assieme.
È un problema l'uomo. Siamo sempre più concentrati su noi stessi, preoccupati della nostra realizzazione personale. Ciò non è negativo; lo diventa se degenera nell'unico obiettivo che divora tutto il resto. Un gigantesco "io" stritola un fragile "noi". Perché allora lottare per tenere insieme la propria famiglia? Perché partecipare alla vita amministrativa e politica per rendere migliore la propria città e il proprio Paese? Una soggettività esagerata non concede spazio a nessuno, certo non a un figlio, a meno che non serva anch'egli a gratificare l'io.
È un problema la società. Viviamo nella "modernità liquida", in cui nulla dev'essere solido, duraturo, permanente, per sempre. I valori di ieri erano la stabilità e la fedeltà. Oggi sono il movimento e il cambiamento. Si dice che bisogna essere flessibili, senza un terreno su cui mettere radici; che solo il presente è un valore; non lo sono né il passato né il futuro. Il tempo si riduce così a una sequ enza di attimi presenti, senza un prima né un dopo. Se questo è il contesto culturale, i figli non possono rientrare nel progetto della modernità. I figli infatti sono per sempre, richiedono una famiglia solida per poter crescere, genitori che diano loro amore per tutta la vita, stabilmente. I figli, inoltre, catalizzano energie che invece - viene suggerito - è bene dedicare alla carriera, al successo, al potere. I figli dunque non appartengono all'orizzonte di questa modernità, di questa cultura.
Sono un problema anche le risorse economiche. Non si possono monetizzare i figli, ma è evidente che costano molto e l'organizzazione della nostra società li fa costare sempre di più. È la cruda realtà con cui devono misurarsi i genitori, i quali possono contare su aiuti economici e sgravi fiscali, che però non incidono ancora in modo determinante nella soluzione dei problemi quotidiani e che comunque restano distanti dai livelli di altri paesi europei. Un contributo una tantum alle coppie che generano un figlio è senz'altro una forma di incoraggiamento, ma non risolve tutti questi problemi se poi il contesto rimane immutato; se cioè il part-time, soluzione ideale per molte madri con figli piccoli, è spesso una chimera; se gli asili nido sono ampiamente insufficienti; se le donne che dedicano alcuni anni della loro vita - quelli in genere più proficui per la carriera - ai figli, quando rientrano nella loro azienda, vengono considerate professionalmente superate e non abbastanza amanti del lavoro; se un padre che sceglie il congedo è fatto oggetto d'ironia, più che d'ammirazione; se una giovane coppia vede svanire nell'affitto di un bilocale, inadatto a famiglie con tanti figli, metà del proprio reddito.
Senza figli non c'è futuro. Ma anche senza genitori non c'è futuro. Un'intera cultura dominante ha scordato il valore della paternità e della maternità, anche spirituali. Mancano i figli e mancano i genitori. Ma mancano anche gli educatori e i maestri. Parlando dei figli che mancano nel nostro Paese non dobbiamo dimenticare i figli che - numerosi - un futuro l'avrebbero se non se lo vedessero rubato dalla denutrizione, dalla malattia, dalla guerra; per non dire di quelli che un futuro non lo potranno mai avere perché viene loro radicalmente sottratto dalla persistente pratica dell'aborto.
Occorre quindi lavorare su più fronti.
Sulla famiglia, per vincere la tenaglia dell'egoismo che spinge a considerare la generosità, la comunione e la fraternità i vizi dei perdenti, quando invece la storia dice che alla lunga sono le virtù dei vincenti.
Sulla società, sul mercato del lavoro, nel dibattito culturale a partire dai mass-media, per proporre immagini positive di genitori uniti, responsabili e felici.
Sulla politica, perché consideri davvero la famiglia quello che è: il primo nucleo della società italiana, e attorno alla famiglia costruisca un progetto di Italia futura, investendo con convinzione sui figli, nostro futuro.
Per affrontare questi impegni non mancano le risorse di tanti uomini e donne che credono nella vita. Credono anche quando le condizioni di disabilità lasciano intravedere un futuro difficile e lottano per renderlo il migliore possibile. Testimoni ad un tempo di amore alla vita e di speranza per il futuro.
Benedica e avvalori questi intendimenti il Dio della vita.

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