lunedì, settembre 20, 2004

Tonnellate di emotività per sopraffare le ragioni ragionanti

Tonnellate di emotività per sopraffare le ragioni ragionanti

Marina Corradi

Madri sorridenti coi loro figli nati sani grazie alla selezione pre-impianto degli embrioni. Penosi pellegrinaggi all'estero, perché solo oltreconfine si può ormai ottenere queste diagnosi, e scegliere, fra i diversi embrioni ottenuti in provetta, quello sano, scartando i talassemici, i Down e gli altri - insomma, gli imperfetti. L'altra sera su Raitre «Report» ha fatto abbondantemente leva sull'emotività nell'appellarsi agli italiani contro la legge sulla fecondazione assistita, quando - non a caso - sta per scadere il termine per la raccolta di firme necessarie per i referendum totalmente o parzialmente abrogativi. Mentre più tardi sulla stessa rete il confronto fra Daniele Capezzone e Carlo Casini si appiattiva, anche grazie alla conduzione, sulle posizioni radicali, là dove prima si era lavorato sulle emozioni, che è la strategia comunicativa più immediata. Quei bei bambini che, con questa legge "crudele", non sarebbero nati, o che sarebbero nati sani nelle proporzioni dettate dalle leggi dell'ereditarietà - in vece loro al mondo i fratelli malati e scartati che, nella discussione sul "diritto al figlio sano", paiono del tutto invisibili, come se davvero fossero un nulla.
È possibile che programmi allestiti come quella puntata di «Report» muovano l'opinione pubblica. Davanti alla felicità di una donna con un figlio così a lungo voluto in braccio, a un figlio libero da una malattia che inseguiva da generazioni una famiglia, è difficile non essere colti da un dubbio, non capirne almeno in parte le ragioni.
E tuttavia una ragione seria c'è, oltre naturalmente a quella afferente alla dignità di ogni embrione, per escludere la possibilità di selezione fra perfetti e imperfetti. E la ragione sta nelle inarrestabili capacità della genetica di individuare già a livello embrionale non solo le vere e proprie malattie ereditarie, ma anche la predisposizione a sviluppare certe gravi patologie. Questa "lettura" diventa ogni giorno più praticabile. Un esempio: pochi mesi fa in Gran Bretagna un istituto di ricerca ha chiesto l'autorizzazione alla sperimentazione di una nuova selezione genetica. Si tratta di individuare, fra gli embrioni di sesso femminile, i portatori di un gene responsabile di un particolare tipo di precoce cancro al seno. Il gene non necessariamente sviluppa la malattia, tuttavia l'ipotesi di lavoro è di eliminare, ad ogni buon conto, gli embrioni portatori. Dunque, già si comincia a scartare chi può sviluppare precocemente un cancro. Con le conoscenze di cui si disporrà fra dieci o vent'anni, e il principio che il "diritto al figlio sano" - scritto dove, e su quale Carta? - è acquisito, nessuna diga etica vieterebbe di spostarsi oltre, e poi in avanti ancora.
Nel 1962 il premio Nobel Francis Crick, uno degli scopritori del Dna, scrisse: «Che nessun neonato un giorno debba aspettare, per essere riconosciuto umano, d'avere superato un certo numero d'esami sulla sua dotazione genetica... E che, non superando questi test, non perda il diritto alla vita». Dove forse Crick potrebbe essersi sbagliato in un punto: il test, in un futuro che speriamo di non vedere, potrebbe venire fatto "prima". E allora finalmente nascerebbero solo i giusti, i belli e i sani di mente. Solo splendidi bambini figli di splendide mamme che non sopportano di veder soffrire figli sbagliati. E il prezzo? si chiedeva l'editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere l'altro giorno. Beh, Dostoevskij, Van Gogh, Beethoven, Kierkegaard, quelli così tutti eliminati a priori, insieme agli altri, i deboli, i matti, gli imperfetti.
Viene in mente Emmanuel Mounier: «Dio passa attraverso le ferite». Ma non tolleriamo più di vedere alcuna ferita, e in ogni modo, dall'inizio alla morte, cerchiamo di garantirci un'illusoria libertà dal dolore. Un sospetto: nell'ansia di eliminare ogni "imperfezione", non si taglierà via alla fine la stessa nostra vita?

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