mercoledì, novembre 24, 2004

Un foro alla nuca

Finalmente, per la prima volta trovo un articolo in italiano sul Partial Birth Abortion, l'aborto a nascita parziale che è stato da poco vietato da Bush.
Aggiungo solo un dato: non solo secondo i sondaggi la maggioranza degli americani approvava il bando ma nella fascia 18-29 anni i contrari erano il 77%.



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Roma. In che cosa consiste la legge che in America proibisce il cosiddetto “aborto a nascita parziale”, cioè effettuato a uno stadio avanzato di gravidanza (nel secondo e nel terzo trimestre, praticamente fino all’ottavo mese)? Firmata da Bush il 5 novembre del 2003 e definita “estremista” e nociva per la salute della donna dai suoi avversari (con il plauso di “Liberazione” di domenica scorsa), nonché prova del furore liberticida del presidente, quella legge stabilisce semplicemente che una pratica estrema e ai limiti dell’infanticidio, come è la “partial birth abortion”, possa essere effettuata solo in presenza di gravi e comprovati pericoli per la salute della madre.

Da una breve descrizione della procedura è facile capire il perché di quel limite. In un primo tempo, guidato da ultrasuoni, il medico mette il feto in posizione podalica, afferra i piedi con una pinza, porta le gambe fuori dell’utero e provoca il parto, estraendo la totalità del corpo del feto, tranne la testa. Si esegue quindi un’incisione alla base del cranio del feto, attraverso cui si fa passare la punta di un paio di forbici. Nel foro così praticato si fa passare un catetere, attraverso il quale viene aspirato il cervello e il contenuto della scatola cranica del feto. Per portare a termine l’aborto non resterà che estrarne la testa. Tutto questo ha un suo macabro “senso” e testimonia di un raccapricciante paradosso: il feto deve uscire già morto dal ventre materno (così si può parlare di “aborto”) perché ora sappiamo che, grazie agli immensi progressi della neonatologia, anche prematuri di quattro mesi e mezzo (per non parlare di quelli di sei o sette mesi) possono sopravvivere, se opportunamente assistiti, fuori dal corpo della madre.

Contro l’aborto a nascita parziale il Congresso americano aveva votato già in due occasioni, nel 1996 e nel 1997, incontrando ogni volta il veto dell’allora presidente Clinton. George W. Bush, un anno fa (appoggiato, secondo i sondaggi, da due americani su tre) riuscì a rendere operativo il divieto. Uniche eccezioni ammesse, i casi comprovati di pericolo per la vita e la salute della madre. Nell’ordinanza successiva all’approvazione della legge, si richiedeva agli ospedali il rilascio dei registri relativi agli aborti a nascita parziale, allo scopo di verificare il reale pericolo per la madre richiedente, e si stabiliva che i medici che avessero praticato aborti “tardivi” fuori da quei comprovati casi, avrebbero rischiato fino a due anni di carcere. Com’era prevedibile, sono fioccate le opposizioni, e già in tre Stati (New York, Nebraska e California), la messa al bando della “partial birth abortion” è stata nel frattempo dichiarata incostituzionale.

Ma ai nostri occhi (forse anche agli occhi di “Liberazione”) dovrebbero sembrare assurde le proteste contro quella proibizione. La legge fortemente voluta da Bush non fa altro che riprodurre un principio cardine della nostra legge 194 sull’interruzione di gravidanza, lo stesso principio condiviso dalla stragrande maggioranza delle legislazioni europee in materia. Dopo il terzo mese, l’interruzione volontaria di gravidanza può realizzarsi solo, dice la 194, “quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna”, oppure “quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”. La legge aggiunge poi che se il feto ha la possibilità di vivere autonomamente, il medico deve adottare ogni misura per salvaguardarlo: dopo il sesto mese, in particolare, si può interrompere la gravidanza solo predisponendo ogni cura per la salvaguardia del bambino.

Questo e non altro ha stabilito la “liberticida” legge di Bush, che ha semplicemente introdotto un limite alla totale libertà di aborto entro il sesto mese (ma in realtà anche oltre) garantita in America per oltre trent’anni. La tolleranza per l’aborto tardivo negli Stati Uniti è stata a lungo giustificata per ragioni sociali. L’intervento di interruzione di gravidanza è a pagamento, e le donne meno abbienti, se non potevano permetterselo subito, arrivavano ad avere il denaro sufficiente magari al sesto o settimo mese. Ma proprio la prospettiva di evitare molti aborti tardivi è stato uno degli argomenti usati dai sostenitori della pillola abortiva RU486, regolarmente venduta e usata. La nuova e illimitata possibilità di accesso a un aborto precoce non giustifica più, oggi, quello tardivo, e anche per questo la decisione di Bush ha ottenuto il favore della stragrande maggioranza di americani, liberal compresi.

Il Foglio

1 commento:

Anonimo ha detto...

Pazzesco.. linko il tuo post al mio blog se non ti dispiace.