martedì, giugno 14, 2005

Anche Golia un giorno è crollato

L’esito dei referendum celebrati tra domenica e lunedì non ha bisogno di aggettivi qualificativi. Toglierebbero eloquenza ai numeri, che per una volta invece devono restare – nudi e duri – davanti agli occhi e parlare in tutta la loro fragranza. Quanto al tormentone già inaugurato su chi sarebbero i vinti e i vincitori, ci interessa – qui, in umiltà, guardando al bene del Paese – partecipare all’individuazione di quello che, certo, è il perdente numero uno di questo fiasco epocale, ossia il potere mediaticamente costituito e rappresentato – nel caso – dal circuito autoreferenziale dei grandi giornali, che poi per macchiettistica simulazione si riflettono in molti dei fogli regionali o provinciali.

Per sei-mesi-sei questi intellettuali sopraffini che presiedono al lavoro nelle cave redazionali, con l’ausilio di quegli ineguagliabili lucernari tenuti in piedi da callidi opinionisti o scienziati arruolati alla bisogna, si sono prodigati come mai a rappresentare agli italiani una sfida che tale era solo nelle loro ossessioni culturali o nei calcoli di carriera personale. Si sono abbondantemente offerti ad un’osmosi simbiotica con una classe politica refrattaria al vissuto del Paese, abdicando non solo al proprio tradizionale radicamento ma anche ad un moderno ruolo di scuotimento e di sveglia. Così armati, hanno voracemente sfigurato i termini dei quesiti referendari, caricandoli di significati tanto eccentrici da rendere irriconoscibili i dati di partenza, prodigandosi con ogni perizia e opulenza per allontanare dagli occhi dell’opinione pubblica la domandina fatale: e dell’embrione, sì di questa vita appena iniziata eppure già irrefrenabile, che cosa è giusto, e doveroso fare?

Ma è bastato che le informazioni finalmente circolassero, che il lavoro diuturno effettuato per divulgare l’alfabeto di discipline ardite arrivasse a destinazione, che la gente comune cioè avesse la percezione esatta non dei teoremi di lorsignori ma dell’effettiva, semplice e drammatica posta in gioco, è bastato questo perché immediatamente le intenzioni di voto scendessero e, nel concreto, si arrivasse a raccogliere quello che segna il consenso minimo alla nostra classe fru-fru. È avvenuto cioè quello che i nostri campioni non potevano concepire, ossia che la gente una volta messa nelle condizioni di pensare con la propria testa sapeva e voleva decidere davvero, non però nel senso preordinato, quanto andando piuttosto in direzione opposta, peraltro senza alcuna inibizione.

Ma è capitato ancora di più. Ossia che si dovesse infine prendere atto che la Chiesa, quando parla delle cose che contano, e parla facendosi capire, appellandosi al sentire profondo del nostro popolo: là dove ella è riconosciuta interlocutrice singolarmente credibile, ha più ascolto di certi pulpiti esagitati. Questo il significato profondo dell’evento di domenica. Si ripete con ciò quello che è avvenuto nel referendum del 1991: allora si ritrovarono a casa i politici, oggi è finita sotto giudizio quella classe intellettuale che vive nei giornali e attorno ad essi. Non si illudano costoro di rimettere in quarantott’ore tutto a posto, quasi bastasse virare in senso contrario la giostra dei dispetti e delle piacevolezze. Svecchiare, occorre, metodi e teste, e poi aria nuova, logiche finalmente diverse.

Colleghi cari, la crisi è profonda. Prendiamo il coraggio di guardarci allo specchio, e di prendere le decisioni salutari per noi e per quelli, più giovani, che nelle redazioni ci sono affidati, e che hanno il dovere-diritto di crescere in una dimensione altra e austera del mestiere. Il Paese ha bisogno di un altro giornalismo, non più complice del potere culturale più forte, capace di andare controcorrente, audace nelle chiavi di lettura adottate, vero nella credibilità spesa. Capite bene che di certe aristocrazie bolse la cittadinanza ormai non sa più che farsene, suonano spartiti incomprensibili ai giovanissimi e ai giovani adulti. Il trombonismo sfiatato non si rianima certo perché intona per la millesima volta il salmo anticlericale. Blateratori del quasi-nulla. Dissimulatori spietati e cinici. Sodali di menti indispettite e stanche. Attenti, anche Golìa è crollato.

Dino Boffo

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Eh eh eh, l'editoriale del mio direttore :0))))
Fra'la giornalista
in trasferta a Milano

Anonimo ha detto...

Mi sembra che il senso profondo dell'evento sia, invece, questo.

http://sommazero.splinder.com/1118698536#5026173

Anonimo ha detto...

Angelo,
sono andato a votare, e ho votato 4 no. Non me ne pento affatto, ma ora non gioisco. Scegliendo l'astensione la posta in gioco era troppo alta. Rischiare la "vittoria" con un affluenza del 40 % sarebbe stata una "tragedia" sociale che la Chiesa avrebbe in qualche modo pagato. Rischio calcolato? Non credo. Bisogna dire grazie al partito degli ignavi, molto piu' numeroso di quello di Ruini (la matematica non essendo un'opinione: guardare l'affluenza ai referendum di tutti gli anni 90 - intorno al 40% - e aggiungere il 10% di NO, quorum ego): c'è da festeggiare? Cosa? La vittoria della gente che non gliene puo' fregare di meno? Ti sembra che da oggi viviamo in un paese in cui i valori cristiani sono maggioritari? Bah. Forse dall'Irlanda le cose si vivono e vedono diversamente.
Tutti questi "abbiamo vinto" mi sembrano fasulli quanto le motivazioni ufficiali dell'astensione.
Questa faccenda del "il referendum non lo abbiamo voluto noi, che se lo votino loro": legittimo. Sì, ma di una rozzezza politica di stampo leghista terrificante: la sospensione delle regole condivise della democrazia.
Io ho tirato un sospiro di sollievo non tanto per la "vittoria" quanto per il modo con cui il SI ha perso: inequivocabile. Il che è un bene perché non alimenta ulteriori divisioni. Che non servono a nessuno. Né a chi vince né a chi perde.
Ciao.

Angelo ha detto...

Ezio, col senno di poi possiamo dire che avremmo vinto anche non astenendoci ma votando NO, basta saper leggere i dati. Devi però riconoscere che anche il più ottimista tra noi non aveva osato sperare tanto e quindi la scelta astensionistica, da un punto di vista tattico, era l'unica ragionevole.

Liberissimo di pensare che non ci sia nulla da festeggiare, che il Paese ha dato pessima prova di sè e c'è solo da preoccuparsi. Io non lo credo. L'Italia di oggi è quella che conosco da sempre; la Puglia del 16,1% è la stessa che ha eletto Vendola, io non vedo contraddizioni.
Il risultato mi ha sorpreso ma neppure tanto, ne è prova il fatto che avevo previsto che non si sarebbe arrivati al 35%. Piuttosto mi sorprendo che persone intelligenti siano così lontane dal percepire il sentire comune, l'umore diffuso, la volontà popolare.

Quanto alle celebrazioni, dopo mesi di impegno, un mezzo pomeriggio di festa credo che ce lo meritavamo, se non altro per scaricare la tensione.
Oggi, come vedi, siamo già tornati alla normalità.

La sospensione delle regole condivise, come dici tu, io non l'ho proprio vista. Si è svolto tutto secondo legalità, nonostante le minacce e le denunce di qualche fesso radicale.

E' andata magnificamente e dobbiamo rallegrarcene tutti, anche gli sconfitti, che oggi non possono lamentarsi di trucchi o imbrogli.

Anonimo ha detto...

IO non ho seguito sempre questo blog, quindi non so se avete già risposto.

Lo chiedo e rispondete dentro di voi, onestamente : se foste malati, e ci fosse la possibilità di guarire con un farmaco derivato da cellule embrionali ( fatto con...o basato su studi che hanno utilizzato ...), voi fareste obiezione di coscienza?
Vi rifiutereste di usarlo?

DAVVERO, davvero?

Fatevi questa domanda, e rispondetevi sinceramente. Chissà che non scopriate quanta ipocrisia c'è in certe posizioni

Voglio vedre quanti sarebbero quelli DAVVERO coerenti che non userebbero quei farmaci.

Angelo ha detto...

Anonimo delle 7,58 non e' semplice rispondere alla tua domanda.
Io ce ne ho una simile: se oggi il tuo farmacista ti desse un flacone di un ottimo medicinale e poi ti ricordasse che il principio attivo è stato scoperto 60 anni fa sperimentando sugli ebrei nei campi di concentramento nazisti, lo useresti quell'ottimo medicinale?

Vedi, nella ricerca scientifica metodo e risultati sono due cose distinte ed un risultato ottenuto con un metodo immorale appartiene ugualmente alle conoscenze dell'umanità.
Il problema è che con le staminali embrionali non si cura assolutamente nulla!

C'è gente che non utilizzerebbe medicinali testati su embrioni di animali, anche se sono poche cellule. Io non avrei problemi, limiterei piuttosto il divieto agli embrioni umani, pur sapendo che la ricerca scientifica potrebbe risentirne. Questo perché credo che nessun essere umano, fosse anche allo stato embrionico, può essere sacrificato per il bene di un altro.

Anonimo ha detto...

Angelo, hai detto bene: da un punto di vista tattico l'astensione era l'unica soluzione ragionevole.
Questo è proprio l'argomento che i SI hanno contesato per due mesi. E secondo me a ragione. La chiave sta proprio lì: nel "tattico".
la forma democratica è sostanza democratica, per me. E se *nessuno* avesse proposto l'astensione, penso proprio, come dici tu stesso, che dopo l'acceso dibattito che per fortuna c'è stato, avrebbe vinto il NO. Una bella occasione persa, non trovi?
Alla fine questo significa che né loro (che pensavano di vincere) né gli astensionisti (che pensavano di perdere) ci hanno capito molto degli italiani.
E tu non mi hai risposto su un punto cruciale: gli italiani da oggi seguiranno di piu' i fraterni, o paterni suggerimenti di Ruini-pesce-abissale (era il suo soprannome ai tempi dell'Università) e del Papa? Gli italiani si sono risvegliati meno relativisti? Il Papa si è sbagliato?
Magari fosse così.
ciao
ezio

Angelo ha detto...

Ezio, è vero che i risultati mostrano che anche un NO militante e convinto avrebbe vinto ma abbiamo preferito non rischiare. D'altronde mi viene da pensare che proprio i dibattiti pro-astensione hanno contribuito a far maturare in molti una scelta più consapevole che evidentemente i sondaggi di un anno fa non mostravano. La strategia è stata decisa in base a quello che sapevamo un anno fa, quando la maggioranza delle persone non era informata e i militanti per il SI sembravano più forti, oggi la situazione è cambiata, anche grazie all'impegno di chi ha difeso la legge.
Siamo meno relativisti? Più cristiani? Non credo.
L'ho già scritto, l'Italia di oggi è la stessa di una settimana fa, con qualche consapevolezza in più. La Puglia del 15,4% è la stessa che ha eletto Vendola due mesi fa. Io non ci vedo contraddizioni.
Abbiamo vinto solo una piccola battaglia ma è pur sempre una soddisfazione.