mercoledì, giugno 22, 2005

Concilio 3

Luigi Puddu ha nuovamente replicato.

Caro Angelo,
le tue sono considerazioni molto sagge e persuasive.
C'è una cosa sola però da dire: molti "conciliari" hanno realmente pensato che fosse davvero cambiata la Chiesa (e gli "anticonciliari" a ruota).
Avendo vissuto uno scampolo di quell'epoca (sono del '57 e, nonostante tutto, mi sento ancora fucino), ho dovuto - cfr. Noventa sulla resistenza - combattere la battaglia prima di tutto in me.
Oggi, sono portato a pensare che, come Chiesa, abbiamo vissuto e viviamo comunque "a rischio": la grande apostasia non è solo del XIX secolo.
Grazie.
l.p.

A questo punto, c'è qualcun altro che vuol dire la sua?
Grazie.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

A proposito di "cesura":
http://www.chiesa.espressonline.it/dettaglio.jsp?id=34283
l.p.

Anonimo ha detto...

grazie, vi ho letto proprio con gusto.

Vedere gli effetti della mondanizzazione lì dove il concilio non poteva avere influenza aiuta a capire. Fa capire la forza di un'ideologia liberal-radicale individualistica, razionalistica, edonistica che si è affermata con forza quasi ovunque almeno in occidente.

Ma è anche vero che i frutti stanno arrivando (e che tra questi si possano annoverare i movimenti mi vede d'accordo; e aggiungo che l'opus dei è stato pure in anticipo sui frutti del concilio).

Certo aver voluto vedere il concilio come "strappo" ha significati la pretesa di promettere fedeltà a una chiesa di domani inesistente.
In effetti c'è (sempre stato) il tentativo di farsi una chiesa a propria misura, market oriented.
A me sembra di ravvisare la causa di questa pretesa in una forma di sudditanza teoretica nei confronti di certi autori moderni (e mettiamoci pure i postmoderni).
Ho in mente ad esempio gli scritti di Armido Rizzi o di Benedetto Calati.
Ecco, perché questa sudditanza quando i limiti della modernità sono sempre stati ben chiari?